Salsedine

Maria Cristina Dibari

– Un caffè a Genova puoi pagarlo da un euro a un euro e cinquanta, in centro.

– Un euro e cinquanta? E dove?

– La scorsa settimana ero in via Venti, mi sentivo un po’ giù di tono, mi son detta mi ci vuole un bel caffè forte, io bevo anche quelli americani, sai…

– Ho presente, quella brodaglia liquida, non sa di niente, ma ti stai perdendo, come al solito.

– Be’ per farla breve, sono entrata in quella bella caffetteria che fa anche pasticceria, in fondo, non mi viene il nome ora, non importa, e c’era anche Luisa, così le ho detto: vieni che ti offro il caffè. Meno male che non abbiamo preso i pasticcini, sai che ho pagato tre euro?

– Vi sarete sedute, col servizio al tavolo…

– No, ti dico, al tavolo ce lo siamo portate noi.

– In centro è tutto carissimo, con la guerra poi hanno alzato tutti i prezzi senza motivo, il latte è raddoppiato, ma dico, fanno i soldi alle spalle della povera gente. Genova è sempre stata tra le città più care d’Italia. Prima del covid andavo a prendere il caffè in un posto dove lo pagavo ottanta centesimi. Dopo…

– Ma va’, ottanta centesimi, alle macchinette forse!

 – No, ti giuro, ottanta centesimi, ed era anche buono.

– Avrà chiuso per fallimento…

– No, non ha chiuso, ma non ci si può più andare.

– Sono passati i N.A.S., ti credo.

– Non fare la spiritosa, andavo nel bar dentro a san Martino.

– All’ospedale?

– Sì, entrando all’ospedale, giri sulla destra e c’è un piccolo bar, ti servono di tutto, fa anche da tavola calda.

– Eri lì per qualcuno, ti hanno ricoverato, non mi ricordo se me ne hai parlato…

– Nessun ricovero, andavo solo per il caffè. Ma durante la pandemia… hanno chiuso il libero accesso e ora il caffè vado a prenderlo all’IKEA.

– Tu sei malato nella testa!

Il treno rallentò la sua corsa e uscì alla luce del sole.

Nelle poltrone accanto al finestrino era seduta una ragazza che non aveva staccato gli occhi dal libro per tutto il viaggio e di fronte a lei un ragazzo affondato nel sedile, il cappuccio della felpa calato sugli occhi; sembrava avesse dormito tutto il tempo, ma in realtà non si era perso una sola parola di quel folle dialogo tra la coppia seduta dal lato corridoio.

Avrebbe fatto a meno di ascoltarli, ma le voci da banditore gli avevano impedito di dormire.

Il treno si fermò a Sampierdarena, il luogo più vicino alla zona commerciale.

Yuri calò il cappuccio per guardarsi intorno, la sosta nella stazione durava qualche minuto in più che nelle altre; la coppia di caffeinomani si stava avviando all’uscita.

– Che cosa stai leggendo?

La ragazza di fronte a lui alzò lo sguardo dal libro e lo fissò con aria interrogativa.

– Lo stai chiedendo a me?

– Ci siamo solo noi qui.

Yuri spalancò il suo sorriso accogliente, ma il broncio di Elisa non scomparve, anzi la vide restringersi e occupare meno spazio sulla poltrona.

-Scusa, ti ho disturbato. Volevo solo fare due chiacchiere, quei due mi hanno triturato il cervello con i loro discorsi…

– Li hai sentiti? Credevo dormissi. Il libro mi aiuta a isolarmi, ma era impossibile concentrarsi.

Elisa sorrise guardinga.

– Avrei cambiato posto, ma sono troppo pigro.

– Sto leggendo Finché il caffè è caldo.

– Veramente? Ma no, mi stai prendendo in giro.

Yuri si avvicinò per osservare la copertina. Condivisero una risata.

– Il caffè ci perseguita, oggi.

– Sembrerebbe.

Il ragazzo si alzò e prese lo zainetto. Elisa gli fece un cenno di saluto, ma restò al suo posto.

***

Scendeva a Borgo Fornari tutte le mattine esclusi i fine settimana. Quando accettò l’incarico, pensò che non ce l’avrebbe fatta a reggere nove mesi in quel modo.

Partiva all’alba, incontrava persone che tornavano dal turno di notte in Val Polcevera: infermieri, guardie giurate, autisti. Li conosceva tutti, anche se non si era intrattenuta in chiacchiere con nessuno di loro. Saliva, prendeva posto e fantasticava sulle loro vite.

Faceva la pendolare, si augurava per un breve periodo, ma se non fosse stato breve si riteneva fortunata, colleghe che avevano preso il ruolo nello stesso giorno erano finite a Santo Stefano d’Aveto, impossibile da raggiungere con i mezzi pubblici e anche con un’auto privata non sarebbe potuta scendere ogni giorno a Genova.

Alzarsi quando i panettieri infornavano non era stata la cosa peggiore dell’inverno, Elisa pativa la sensazione di umido che l’avvolgeva scendendo dal treno.

I suoi alunni la chiamavano maestra sprint, forse perché scappava di corsa a prendere il treno o forse perché in un attimo era davanti alla lavagna, l’attimo dopo in mezzo ai banchi o in fondo all’aula.

Contava i giorni sul calendario, un anno passa veloce, Elisa voleva tornare a Genova, per lasciare il nido, per cominciare la sua vita.

***

Yuri si era trasferito con la famiglia a Ronco Scrivia, dopo l’alluvione del 2011, dove sua sorella aveva perso la vita.

Non era stato facile ricominciare in un’altra città, ma il padre era stato irremovibile, non voleva più stare in quel quartiere, troppi erano i ricordi, tanto lo strazio che non li avrebbe abbandonati.

Fu travolto per la seconda volta, perdere gli amici, la scuola, il quartiere dove era cresciuto. Era all’ultimo anno delle medie e la sua vita fu ribaltata dalle fondamenta.

Voleva tornare nella città che profuma di salsedine, scossa dalla tramontana, non poteva esprimere il suo malessere in famiglia, ma era determinato a realizzare il desiderio. Iscrivendosi al Bergese fece il pendolare fin da ragazzino, ma gli odori e i sapori lo resero forte nel perseguire il suo obiettivo: tornare a vivere a Genova.

Diventare cuoco o cameriere gli avrebbe permesso di viaggiare, come i marinai e come loro tornare nel porto più amato, la città in cui era nato e che non voleva abbandonare.

Al termine degli studi Yuri fu assunto con un contratto stagionale in una caffetteria, un locale dove i giovani universitari si incontravano per studiare e ideale anche per i turisti, che venivano accolti da un’atmosfera familiare.

Elisa era sorpresa dall’arrembaggio di quel giovane, ma accettò sia il caffè sia il corteggiamento.

– Finito. Sul treno divoro libri che altrimenti non avrei il tempo di leggere.

– Anche tu vivi sui treni?

***

Il treno si era fermato a Principe, decise in fretta di scendere, voleva camminare un po’ dopo i colloqui con le famiglie.

Elisa uscì dalla stazione, imboccò via Balbi e notò l’insegna di un caffè: ogni lettera richiamava la tavola periodica degli elementi di chimica. Decise di entrare. 

– Qui il caffè puoi averlo a un euro.

– Veramente vorrei un flat white con cioccolato sopra.

Elisa distolse lo sguardo dal grande menù esposto sopra il bancone. Un ragazzo le sorrideva con fare complice. Lei realizzò a fatica di averlo già incontrato.

– Sicura di non volere anche il caffè? So che certe persone impazzirebbero per un tale prezzo, senza dover andare fino all’IKEA.

– Ehi, ora ricordo, qualche giorno fa, sul treno, quei due personaggi, come dimenticarli.

La ragazza rise, mentre Yuri le serviva il latte macchiato.

– Questo lo offre la casa. – Sistemò una tazzina di caffè davanti alla ragazza. – Hai terminato il libro?

Elisa era sorpresa dall’arrembaggio di quel giovane, ma accettò sia il caffè sia il corteggiamento.

– Finito. Sul treno divoro libri che altrimenti non avrei il tempo di leggere.

– Anche tu vivi sui treni?

– Spero di smettere a giugno, vorrei trovare una sede in città.

– Ti capisco. Anche io vado avanti e indietro, vivo a Ronco e lavoro qui. 

– Nel tuo settore dovresti riuscire a…

– Sto cercando casa a Genova.

– Per il mare?

– E l’umidità.

– E il vento.

– Per le persone riservate.

– Per i gabbiani alle cinque del mattino.

– Per le strade intasate alle cinque di sera.

– Perché vuoi tornare?

– Potrei farti la stessa domanda.

– Spero di smettere a giugno, vorrei trovare una sede in città.

– Ti capisco. Anche io vado avanti e indietro, vivo a Ronco e lavoro qui. 

– Nel tuo settore dovresti riuscire a…

– Sto cercando casa a Genova.

– Per il mare?

– E l’umidità.

– E il vento.

– Per le persone riservate.

– Per i gabbiani alle cinque del mattino.

– Per le strade intasate alle cinque di sera.

– Perché vuoi tornare?

– Potrei farti la stessa domanda.

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